Il sistema di assistenza sanitaria in Italia

Sunto del documento di lavoro a cura della Direzione Generale degli Studi del Parlamento Europeo

Dal 1979 l’Italia possiede il suo Servizio Sanitario Nazionale (SSN) cui hanno diritto tutti gli abitanti e che è per lo più gratuito per il fruitore.

Fino alla recente legge di riforma, più di 20 milioni di Italiani erano esonerati dal pagamento della quota partecipativa sui medicinali (ticket). Ciò significa che in teoria un terzo della popolazione risultava essere o disoccupato, o disabile o estremamente indigente, dal momento che queste erano le categorie esenti.

Il sistema è una combinazione di finanziamento per lo più pubblico, con prestazioni pubbliche e private. Le fonti di finanziamento per il SSN sono suddivise in parti approssimativamente uguali fra contributi obbligatori versati in base alla retribuzione lorda, e gettito fiscale generale. E’ il governo centrale che decide lo stanziamento totale per il SSN e come ripartire la cifra fra le 20 regioni italiane.

Il governo stabilisce il livello minimo delle prestazioni garantite in tutto il paese, e specifica le condizioni a cui i pazienti possono rivolgersi al settore privato ed ottenere ugualmente che il SSN paghi l’onorario del medico.

Popolazione

Nel 1991 l’Italia aveva 57, 8 milioni di abitanti con una presenza di anziani leggermente superiore alla media europea. Il 25% circa della popolazione aveva meno di 20 anni, mentre il 15, 4% ne aveva 65 o più. Gli ultrasettantacinquenni erano circa il 6, 2% della popolazione, quindi in linea con gli altri Stati europei.

Finanziamento

Il servizio viene finanziato da un fondo nazionale per la sanità la cui entità viene fissata annualmente dal governo.

I contributi per l’assistenza sanitaria restano un’importante fonte di finanziamento anche se la Riforma del 1978 ne chiedeva l’abolizione. In teoria i datori di lavoro contribuiscono con il 9, 6% ed i lavoratori con 0, 9% delle retribuzioni lorde, ma di fatto le percentuali reali possono variare.

Ospedali

Oltre l’80% dei posti letto appartiene al settore pubblico, e meno del 20% si trova in istituti privati, spesso gestiti da religiosi. La Riforma sanitaria prevede che gli ospedali pubblici siano proprietà di autorità sanitarie locali che possono comunque appaltare servizi al settore privato. Di conseguenza la maggioranza delle cliniche private intrattiene convenzioni annuali con le autorità sanitarie locali e riceve come rimborso una quota giornaliera stabilita a livello nazionale. In molte aree (soprattutto al Sud), la sola forma disponibile di assistenza è quella privata.

Dal 1989 per ogni giorno di ricovero, per una durata massima di 10 giorni, è richiesto un ticket.

Medicina di base

La medicina di base è organizzata su base territoriale in Unità Sanitarie Locali (USL, ora ASL) a loro volta divise in distretti.

Esistono dei limiti sul numero dei medici di base che possono aprire un ambulatorio e lavorare in una certa area. Gli ambulatori collettivi sono ancora molto rari in Italia.

I pazienti si iscrivono presso un medico di base o un pediatra, che a sua volta può essere dipendente di un’USL o essere medico ambulatoriale autonomo, convenzionato con l’USL.

In genere è il medico di base a prescrivere le visite specialistiche.

Per il persistente deficit del servizio di medicina di base, il governo è stato costretto ad introdurre il sistema delle quote partecipative o ticket. I medici generici ed i pediatri che lavorano per il SSN ricevono di solito una cifra fissa per paziente.

Personale medico

I medici rappresentano il 7, 7% (dati 1989) del personale complessivo del settore sanitario. La scarsa offerta di personale medico è da attribuirsi soprattutto alla voluta scarsa densità di medici generici.

Personale infermieristico

Nella norma anche la rappresentanza percentuale degli infermieri nel personale sanitario totale è pari a 26%; in linea con la media europea.

Amministrazione

Tradizionalmente l’amministrazione è stratificata a livello nazionale, regionale e locale. A livello nazionale, la Riforma ha portato all’istituzione del Consiglio sanitario nazionale che è il principale organo di consulenza del governo. Il Consiglio sanitario è composto da esponenti del governo, delle regioni, dell’amministrazione centrale, dell’ambiente professionale e sindacale, ed è presieduto dal Ministro della sanità.

L’Italia è divisa in 20 regioni a loro volta suddivise in 650 USL.

La disponibilità di servizi sanitari varia notevolmente da regione a regione. Del resto le regioni hanno caratteristiche demografiche ed economiche molto diverse. Influiscono direttamente sulle modalità con cui i sevizi sanitari vengono forniti a livello locale.

Le USL sono considerate il fulcro dell’ attività sanitaria, ma di fatto sottostanno alle direttive delle regioni che emanano specifici e rigorosi piani regionali.