Il presidente del CNOP David Lazzari a “La PSICHE è VITA”, discorso di apertura

Il presidente del CNOP David Lazzari a “La PSICHE è VITA”, discorso di apertura

Un appuntamento come questo porta a molte e doverose riflessioni ma i tempi che ci siamo dati richiedono di tradurle in poche, ma spero efficaci, parole. Intanto un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione.

Sempre più si parla di psicologia, sempre di più gli italiani si rivolgono alla nostra professione, sempre più appaiono consapevoli dell’importanza degli aspetti psicologici e della necessità di affrontarli. Non solo di affrontare i disturbi e le malattie quando ci sono, ma anche di promuovere le loro risorse psicologiche. Di fare un uso proattivo, adattivo, di crescita umana, della psicologia e non solo terapeutico.

Quando si domanda agli italiani di cosa si occupa lo psicologo la riposta più frequente è “aiuta le persone a vivere meglio” (39% popolazione generale e 54% nella fascia 18-34 anni). Sempre più gli italiani comprendono l’importanza di questi aspetti per la vita, lo studio, il lavoro, le relazioni, gli affetti, l’economia, e non solo per la salute. Anche il rapporto tra psiche e salute è sempre più chiaro nella coscienza collettiva oltre che nelle evidenze scientifiche. I fattori psico-comportamentali sono tra quelli che incidono di più per orientare la vita delle persone verso la salute del corpo e della mente o verso la malattia.

La maggior parte dei disturbi psichici ha cause psicologiche e i maggiori fattori di rischio per le malattie cardiovascolari sono di natura psicologica, il doppio del colesterolo per capirci, il rischio di diabete aumenta del 60% (Hackett e Steptoe 2017), un disagio psicologico prolungato aumenta il rischio di ammalarsi e accorcia la vita (Batty te al. 2014; McLachlan & Gale 2018).

La prevenzione dovrebbe essere in buona parte una questione di psicologia. Così come la cura e la riabilitazione.

Maggiore qualità della vita, migliore rispondenza alle cure, minori complicazioni e ricadute, maggiore recupero, migliore alleanza terapeutica, migliore gestione dei problemi cronici: la psicologia fa la differenza nella cura dei disturbi e malattie fisiche. Ma anche nei disturbi psichici e nelle malattie mentali: la psicoterapia è spesso più efficace dei farmaci, senza effetti collaterali e con risultati più duraturi.

È incredibile quanti dati ci sono, quanta maggiore efficacia e minori costi e, ancora, quanta sottovalutazione nel suo utilizzo. Una analisi degli studi internazionali di economia sanitaria ci mostra che i problemi psicologici nelle malattie fisiche aumentano i costi in media del 50% e se vengono trattati non c’è aumento di costi ma un risparmio netto (Layard e Clark 2022), così come un euro investito per trattare ansia e depressione produce oltre 2,5 euro di risparmi (Chisholm et al. 2016)

Ma ancora nel 2023 gli psicologi sono un lusso negli ospedali, nelle scuole, nelle strutture per anziani, persino nei Centri di Salute Mentale. Si parla di appropriatezza, di costo-benefici ma con gli occhi bendati, perché tutto questo viene ignorato in chi si ostina a pensare che biologia e psicologia sono due mondi separati, come una coppia separata in casa, eppure sappiamo che persino l’attività genetica è influenzata dalla psiche, come ci insegna l’epigenetica. O chi è rimasto fermo a 50 anni fa e pensa che la Psicologia sia solo un lusso per pochi e non una risorsa per tutti.

È vero, molti risultati sono stati raggiunti in questi ultimi anni, mai tanti provvedimenti sui temi psicologici, mai tanta attenzione, siamo riusciti ad entrare nell’agenda della politica, proprio ieri la Camera ha cominciato l’esame della legge sullo psicologo di base e ho incontrato nei giorni scorsi il Ministro Valditara per mettere a sistema la psicologia nella scuola…. ma la distanza tra la sensibilità ed i bisogni dei cittadini e la realtà dei servizi pubblici del nostro Paese in materia di psicologia c’è ed è eccessiva.

Nel privato le cose stanno cambiando in fretta e penso al mondo del lavoro, alle imprese che stanno capendo l’importanza del benessere psicologico per l’azienda oltre che per i dipendenti, ma la pubblica amministrazione e la piccola impresa privata restano indietro.

Non stiamo a fare l’elenco delle rivendicazioni ma ad esprimere una forte preoccupazione, a prendere atto di quanto questo penalizzi un Paese diviso a metà tra chi può pagarsi una psicologia in Italia quasi solo privata, e chi rimane escluso: c’è giustizia sociale in tutto ciò?

La presenza di problemi psicologici in tutte le fasce d’età ha raggiunto livelli mai visti e l’incidenza nelle fasce medio-basse di reddito è maggiore del 30%, milioni di italiani penalizzati due volte, che non trovano risposte in un Paese che ha 5 mila psicologi pubblici per 60 milioni di abitanti, lo stesso numero di 40 anni fa quando venne fondato il SSN.

Siamo l’ultimo Paese in Europa per investimenti pubblici in questo campo, 61 euro l’anno a fronte di 500 euro di Francia e Germania, lo 0,2% in termini reali del PIL a fronte di un costo per i disturbi psichici del 4% PIL, la maggiore causa di assenza dal lavoro (dati OCSE e Global Burden 2019)

Ci serve una rete pubblica di prevenzione, promozione, ascolto e cura psicologica, che faccia perno sulle grandi infrastrutture sociali, con ruoli articolati e complementari, dalla sanità alla scuola, dai servizi comunali al lavoro.

Una prima e urgente risposta è nello psicologo di base e in quello scolastico, un rafforzamento del bonus che è ora misura strutturale, fortemente gradita dai cittadini, ma incredibilmente sottofinanziata.

La pandemia ha reso evidente l’importanza degli aspetti psicologici per gli individui e per la società nel suo complesso ma l’aumento dei problemi psicologici si registra da molti anni.

Vogliamo chiudere gli occhi? Come facciamo col clima? Illuderci che si tratti di emergenze provvisorie solo da tamponare o ignorare sperando che passino da sole?

Non si vuol vedere che si tratta di un cambiamento strutturale legato agli enormi cambiamenti sociali degli ultimi 50 anni? Anni di grandi miglioramenti materiali, di enormi trasformazioni tecnologiche e sociali che hanno inciso su tutte le dimensioni della vita. La vita è diventata iperconessa ma molto sedentaria, oggi bisogna andare in palestra per mantenere il corpo in forma, i nostri nonni non ne avevano bisogno, l’attività fisica era insita nella quotidianità.

Non vediamo che questo processo, con altri meccanismi e su un altro piano, riguarda anche la psiche? Lo sviluppo psicologico non è un fatto automatico, scontato, ha bisogno di validi ingredienti. C’è differenza tra un corpo gracile ed uno robusto e flessibile e così tra una psiche attiva, aperta, profonda, adattiva ed una che lo è poco o non lo è.

Il cambiamento rende il mondo un luogo sempre più connesso e complesso, le sfide adattive e la competizione aumentano, ma le risorse psicologiche sono compromesse da vari fattori, lo vediamo con gli adulti di oggi e con i loro figli.

Ingranaggi che si sono inceppati e producono un mondo dove c’è troppa paura, malessere, tanti messaggi ma poca comunicazione, tante reti ma sempre più solitudine, tante informazioni ma difficoltà a capire se stessi e gli altri, tante regole ma fatica ad assumersi delle responsabilità, tanta enfasi sul benessere e tanta difficoltà a trovarlo realmente.

Ecco perchè tanto malessere e la ricerca crescente di un aiuto psicologico, avvertito sempre più come un diritto.

E bisogna farlo con politiche adeguate, che tengano conto delle competenze della psicologia e degli psicologi, senza improvvisazioni, che partano dal dato che le trasformazioni sociali hanno effetti di “desertificazione” sulla psiche, che la psiche ha bisogno di legami validi, di tempi appropriati, di riflessioni adeguate, di crescere su due gambe, quella intellettiva e quella emotiva affettiva.

Tutto questo non si sostituisce con un libretto di istruzioni sulla vita, richiede esperienze e vissuti reali, in grado di costruire equilibri veri e resilienti, non ci serve perfezionismo ma la verità dei sentimenti e delle intenzioni.

Ecco perché oggi c’è bisogno di creare le condizioni per educare la psiche, a cominciare dalla scuola. Se non si semina bene non si raccoglie niente di buono.

Non possiamo limitarci a curare quello che si è rotto, quando si è rotto, dobbiamo agire a monte, con la prevenzione e la promozione, con l’ascolto e l’intercettazione precoce del disagio. Il sintomo è un messaggio, come ci dice il termine, vogliamo ascoltarlo o solo etichettarlo?

Molti giovani hanno capito e vogliono essere aiutati psicologicamente prima che curati come malati. Abbiamo capito che serve l’educazione fisica per far crescere i corpi in salute, dobbiamo capire che c’è bisogno anche di “educazione alla psiche” per far crescere individui in salute.

La psiche non è solo il luogo del pensiero ma è la nostra identità soggettiva, la nostra personalità, siamo noi. Dalla nostra psiche dipende quello che facciamo della nostra vita, le nostre scelte, le capacità di apprendere, di impegnarci, assumerci responsabilità, di lavorare, di amare, di realizzarci.

Bisogna aiutare la psiche per aiutare la vita, pensiamo all’uso consapevole dei social, per non soccombere di fronte alle difficoltà, per avere più risorse emotive e cognitive.

C’è un equivoco di fondo che dobbiamo combattere perchè rischia di annichilire la nostra realtà di esseri umani: noi da alcuni punti di vista possiamo assomigliare ad una macchina ma non siamo macchine.

Possiamo creare macchine capaci di fare cose intelligenti ma nessuna avrà la nostra capacità di essere coscienti, di fare esperienza, le nostre caratteristiche psicologiche uniche ed irriducibili. Una imitazione, qualche analogia, non vanno confuse con una identità.

Ridurre la nostra psiche a un algoritmo è una tentazione diffusa ma scientificamente sbagliata, che ci rende prigionieri della tecnologia e non suoi utilizzatori, siamo soggetti e non oggetti. E dobbiamo vederci, trattarci e rispettarci come tali.

La Psicologia costituisce un argine scientifico e culturale a questa deriva, che aumenta e giustifica la desertificazione della psiche, deve difendere le ragioni dell’umano che rischia di annichilirsi e farsi schiavo delle sue stesse creazioni.

Stare bene non è solo funzionare come una macchina, così come l’essere non è l’apparire.

Lo psicologo è l’esperto delle relazioni, tra le nostre parti interne, tra noi e gli altri, tra individuo e contesto, tra soggettivo e oggettivo, tra i diversi aspetti dell’esperienza umana, tra le generazioni, tra le persone… ed è fondamentale illuminare tutte queste relazioni per avere orizzonti reali, di significato, e non scenari fittizi.

I vissuti, i sentimenti vanno al di là delle stesse parole che servono a descriverli, per citare Fedor Dostoevskij “ci vuole qualcosa di più dell’intelligenza per agire in modo intelligente”. Ci vuole consapevolezza di noi stessi e degli altri, cuore e mente, capacità di “vedere” e non solo guardare.

Il temine “psiche” viene dal greco dove significa sia respiro che farfalla. Etimologie che fanno riflettere, il respiro in genere non si nota ma senza non si vive che per pochi minuti, così la psiche è l’essenza dell’esistere, di una vita piena e degna di essere vissuta.

L’etimologia ci dice anche farfalla, il bruco che diviene farfalla, in grado di volare.

Il potenziale umano si attua tramite la psiche, la psiche di una Paese è il suo capitale umano. Impoverire la psiche significa impoverire il Paese.

Abbiamo bisogno di idee nuove e potenti che ci conducano in direzioni diverse da quelle seguite sinora e la psicologia può fare molto in questa direzione.

Faremo riflessioni trasversali in questi Stati Generali, dovendo scegliere alcune chiavi in un mare di tematiche possibili, nel rapporto tra professione e società e in alcuni snodi della professione che dobbiamo affrontare.

Per rispondere di più e meglio ai bisogni della società, consapevoli di un ruolo sempre più cruciale per lo sviluppo delle persone e del Paese.